Siti web come Facebook ne abbiamo?

Siti web come Facebook ne abbiamo?

Sono tanti i motivi che possono spingerti a cercare siti web come Facebook per trovare un’alternativa al social network di Mark Zuckerberg.

Potresti non aver mandato giù la mancanza di trasparenza, un disguido, un blocco, un errore, uno scandalo come quello di Cambridge Analytica. O forse, non hai digerito una censura anomala, assolutamente ingiustificata, che ti fa pensare come questo social sia governato dalla fredda Intelligenza Artificiale.

Da tempo, ti sei reso conto che la merce di FB siamo noi, che il suo scopo non è mai stato migliorare le relazioni tra persone bensì monetizzare i dati generati da noi utenti.

Facebook non è un social network ma un business network. Analizza i nostri dati, studia i nostri comportamenti per vendere pubblicità (ads). Genera profitto con la scusa social per attirare più utenti possibili. Mark Zuckerberg possiede anche WhatsApp e Instagram, quindi tra le alternative escluderai anche questi due social.

Vuoi escludere tutti i colossi dei social media (Twitter, Instagram, Google+) per i dubbi sorti in materia di privacy e sicurezza dei dati.

L’algoritmo dei news feed (che stabilisce freddamente cosa mostrare e cosa no) è l’aspetto che sopporti meno di Facebook.

Siti web come Facebook per socializzare senza compromessi

Esiste un social network alternativo a Facebook capace di non farti sentire una merce? Che sia social e basta? Un social che consideri sacra la libertà di parola?

Qualcosa c’è: abbiamo selezionato i migliori social, più liberi e più etici.

Ecco quali sono.

Telegram

Dalla sua fondazione nel 2013, Telegram si batte per la libertà dell’informazione. Da una parte, tutela il diritto alla libertà di parola, dall’altra, protegge la privacy degli utenti.

Questo strumento in gran parte open source non è soltanto un programma di messaggistica, è un social network di tutto rispetto con gruppi e canali broadcasting. Viene usato anche dagli attivisti che Facebook, al contrario, non vede di buon occhio.

Di sicuro, Telegram non vende ads, è utilizzato volentieri dai giornalisti per informarsi in tempo reale. Non utilizza like o altri meccanismi psicologici che creano dipendenza, conta circa 300 milioni di utenti. Nessun algoritmo decide per te: i post viaggiano liberi e raggiungono i tuoi follower senza problemi.

Subentra la moderazione solo in certi casi (decisamente gravi come l’incitamento alla violenza o al razzismo).

Elio

Fin dal suo esordio nel 2012, Elio è stato annunciato come l’alternativa senza pubblicità di Facebook. Non ci sono pubblicità personalizzate (basate sui dati degli utenti).

Non è dato sapere il suo bacino di utenza: diverse fonti stimano un numero che oscilla tra 1,5 e 4 milioni di utenti. Con Elio è possibile usare un nome fittizio (non reale).

All’inizio, la registrazione avveniva tramite invito da parte di un iscritto, in seguito è diventata una piattaforma aperta a chiunque. Presenta contenuti di qualità, attira soprattutto artisti, creativi, fotografi. Mancano ancora diverse funzioni basilari: ad esempio, per ora, non si può chattare.

Diaspora

La piattaforma Diaspora è un progetto open source. Si presenta come “un mondo sociale online, nel quale sei tu ad avere il controllo sui tuoi dati”.

Puoi pubblicare il tuo stato, condividere e commentare foto e contenuti, utilizzare hashtag e una chat, trovare persone con cui condividere interessi. Sono tante le funzioni simili a Facebook utilizzate da Diaspora.

Viene definito un’alternativa decentralizzata di FB. Che significa? Vuol dire che i dati degli utenti non vengono raccolti in modo centralizzato da un provider. Questa piattaforma è caratterizzata da diversi network collegati tra loro.

Diaspora funziona attraverso pod, che lavora come un server, per fare in modo che i dati restino al sicuro. Chi ci tiene alla sicurezza dei dati e alla privacy sceglierà questa piattaforma assolutamente priva di pubblicità.

Al momento, il numero complessivo di utenti attivi è scarso: 50.000. Sicuramente, il numero ancora limitato di iscritti è dovuto al fatto che, per gestire il proprio pod, bisogna avere conoscenze di programmazione.

Manuela Pappalardo